VIII INCONTRO INTERNAZIONALE DI SCUOLA – EPFCL, 2 MAGGIO 2024 – PARIGI, “SAPERE E IGNORANZA NEL PASSAGGIO ALL’ANALISTA”
Apertura: “L’atto analitico tra la fine e gli inizi”
Carolina Zaffore
“Prendiamo dunque le cose così come si presentano a noi. Si è arrivati una volta alla fine, e da questo si occorre dedurre la relazione che questo ha con l’inizio di ogni volta.”
Lacan: “L’atto psicoanalitico”, ne Il Seminario XV, lezione 10 di gennaio 1968
Come si collega l’autorizzazione dell’analista, propria della fase finale dell’analisi, con l’autorizzazione in ogni inizio degli analisi che conduce? Come incide, per qualcuno, il momento del passaggio da analizzante ad analista nella sua praxis? Quali elaborazioni raccogliamo dagli AE su questo punto? Quale sapere apporta il passaggio da analizzante ad analista e quali sono i suoi usi nell’operazionale analitico?
Lacan propone un lavoro di deduzione e le prossime giornate possono essere un buon rilevatore dei due terreni in gioco: la logica dell’atto e la pratica quotidiana degli analisti.
Argomento
Questa VIII Giornata di Scuola dell’EPFCL rimette in questione, una volta di più, l’intensione della psicoanalisi. In altre parole, interrogherà nuovamente ciò che, in una psicoanalisi, fa lo psicoanalista: il passaggio dall’analizzante all’analista. L’intensione della psicoanalisi, che determina l’estensione che la Scuola e i suoi Forum hanno tutta l’intenzione di sostenere qua e là, è la sovversione del legame in cui si produce «dello psicoanalista».
Impredicabile, diciamo noi. Tuttavia, Lacan, dopo averlo specificato come il desiderio dello psicoanalista per estrarne l’atto che ne dipende, ha infine proposto un mathema che scrive la sua operazione specifica: il Discorso dello psicoanalista. Il prodotto contingente di questo legame inedito può essere «dello psicoanalista», e così di seguito…
«Perché la psicoanalisi divenga un atto da venire ancora» contiamo su un’operazione che ne sostenga la logica e sulla possibilità che si trovino degli operatori all’altezza dell’etica che questa logica esige.
Il Collegio Internazionale della Garanzia dell’EPFCL, il CIG 2023-2024, come tutti quelli che l’hanno preceduto, sostengono il dispositivo della passe e l’esperienza viva che ne deriva. Ogni passe è ricevuta con la più grande considerazione riguardo ciò che costituisce i cambiamenti radicali dell’attraversamento delle analisi qui e là, ma ciò che orienta i cartelli è con tutta evidenza una attenzione particolare a ciò che può, nelle testimonianze, denotare «la passe all’analista».
La questione è stata messa al lavoro in occasione delle ultime Giornate della Scuola a Buenos Aires su iniziativa del CIG precedente. Noi la riprendiamo e la proponiamo indicando sin dall’inizio, nell’enunciato del titolo, un’affermazione: il passaggio all’analista che un’analisi può procurare, produce una trasformazione radicale nel rapporto con il sapere, ossia con l’inconscio.
Dunque: SAPERE E IGNORANZA NEL PASSAGGIO ALL’ANALISTA.
La psicoanalisi è un’esperienza di sapere, ed è questo che la costituisce come «didattica». Questa esperienza di sapere comincia con «qualcosa» che sfugge completamente a colui che soffre, egli non ne sa niente ma, per caso [chance], può incontrare un buon ascoltatore che saprà fare questione di questa ignoranza e la farà parlare. Questa esperienza di parola, «la pratica del blabla» indirizzata all’analista, trasporterà il «non voglio saperne niente» iniziale nel percorso inesauribile della supposizione di un sapere su questo soggetto alla deriva, in ciò che Freud chiamava «le sue rappresentazioni» e che Lacan qualificherà come elucubrazioni. Il transfert, questo «amore che si indirizza al sapere»[1], decifratore instancabile, è il vettore della «pratica del senso» che dovrà trovare la sua fine: l’insu que sait de l’une bévue[2]. In risposta all’impasse del Soggetto Supposto Sapere, si può produrre una passe all’analista.
Con il transfert come supporto, la dotta ignoranza analitica è una tensione verso il sapere. C’è dunque un percorso, un attraversamento, la cui posta in gioco è la fine dell’analisi, ossia una profonda modificazione del rapporto al sapere e al godimento che esso cifra, come risultato dell’operazione «dell’analista», vale a dire la posizione dell’inconscio: la collocazione del sapere «al posto della verità».
Questo attraversamento Lacan l’ha chiamato «Passe». Giro di passe-passe, passaggio sottile dal sapere dello psicoanalizzante al sapere dello psicoanalista. Il sapere dello psicoanalizzante si orienta dapprima sul Soggetto Supposto Sapere; l’atto dello psicoanalista, al contrario della nevrosi, favorirà l’ imbattersi sulla sua impasse fino a che, alla fine, egli potrà sopportare questo sapere insaputo senza il ricorso a rappresentazioni, elucubrazioni, finzioni della verità menzognera che vettorializzavano il suo indirizzarsi all’Altro.
Questo sapere fa orrore poiché al contrario del sapere supposto non ha rispondente nell’Altro. «Orrore di sapere»[3], dice Lacan, per sottolineare la posta in gioco di questo passaggio, poiché il sapere si avvera connesso a un godimento che non fa rapporto, e dunque conduce a «confrontarsi con l’impasse sessuale» ossia alla castrazione e al godimento contiguo. Smantellando le teorie sessuali che la nevrosi ha escogitato e confinato nei limiti del fantasma, questo sapere insaputo rimanda chi ha fatto questo percorso alla sua solitudine troumatica[4], che Lacan ha scritto come: Ya de l’Un (C’è dell’Uno).
Che cosa resta allora dei nostri amori trasferenziali e del loro desiderio del sapere? Un desiderio di sapere può emergere e ripercuotere gli effetti (affetti) di un sapere insaputo.
In effetti, se «Gli analisti sono detentori di un sapere su cui non possono intrattenersi»[5] possono farne uso, metterlo in atto, e farlo sapere al di là.
Ci auguriamo che gli AME e i passeur che essi designano, siano attenti all’inatteso e all’ininteso degli effetti di questo sapere insaputo…
Dal lato dei cartel della passe… contiamo sulla saggezza della loro ignoranza.
La Scuola, la Scuola, sempre ricominciata… perché ci sia possibilità [chance] di analista.
Collegio Internazionale della Garanzia dell’EPFCL, CIG 2023-2024
[1] J. Lacan, «Introduzione all’edizione tedesca di un primo volume degli Scritti» [1973], in Altri scritti, Einaudi, Torino 2013, p. 550.
[2] L’insu que sait de l’une bévue [s’aile à mourre] è il titolo del Seminario XXIV (1976-1977), non pubblicato. L’insaputo che sa della svista, produce diverse risonanze in francese tra cui ‘una svista’, une-bévue, Unbewusst, l’inconscio freudiano (N.d.T.).
[3] J. Lacan, «Nota italiana», in Altri scritti, op. cit., p. 305.
[4] Neologismo forgiato con “buco” [trou] e traumatismo.
[5] J. Lacan, «Della psicoanalisi nei suoi rapporti con la realtà» [1967], in Altri scritti, op. cit., p. 355.